L'Aquila del Deserto
Dal diario personale di Janus Weitman, guardia carceraria di Nuova Dragonia
Ieri, 10° giorno di Maggio, sono stato incaricato di accompagnare sua Maestà Mhyr IV ad interrogare il prigioniero, noto come l’Aquila del deserto. Questa persona è il capo dell’esercito che ha mosso guerra a Nuova Dragonia, e che ha dato tanto filo da torcere alle nostre truppe. Da quando fu catturata, l’Aquila fu posta in una cella separata, lontana da tutti. Nessuno di noi l’ha mai visto in faccia, tuttavia è già divenuto una leggenda. Taluni sostengono che sia un mezzo-sangue, figlio di un demone e di una strega Zithar, che abbia scaglie rosse al posto della pelle e sappia far fuggire i suoi nemici tramite degli incantamenti sconosciuti. Altri sostengono che, dietro al suo elmo, si nascondano due teste parzialmente separate, dovuto al fatto che il vero padre fosse un Ettin. Non ho mai creduto a queste storie, che diventavano sempre più assurde più ore si passava a bere nella taverna. Tuttavia, la curiosità mi rodeva, e per questo fui ben felice di portare avanti l’incarico assegnatomi.
Quando varcai la porta al seguito del Re rimasi di sasso. Dietro alle sbarre di una cella stava una donna di all’incirca vent’anni, con i capelli neri e la pelle scura. Gli occhi nerissimi, senza alcuna traccia di sclera bianca, tradivano la sua origine Zithar. Tuttavia, qualcosa stonava in lei. I suoi lineamenti avevano un che di spigoloso ed arcigno. La corporatura era slanciata e longilinea, assai distante dal fisico tarchiato che accompagna i predoni del deserto. D’un tratto colsi, dietro alle sue ciocche di capelli, un orecchio affusolato, simile a quello delle genti elfiche. Sorrisi realizzando che si trattava, nonostante tutto, di una mezzo-sangue.
Era sdraiata comodamente su di un lettino coperto di cuscini di velluto rosso, intenta a sorseggiare un calice di vino con la faccia annoiata. Scorso il Re, non accennò neppure ad alzarsi, ma gli rivolse la parola con un ironico sorriso sorriso. “Maestà” disse “anche oggi mi omaggiate con la vostra visita. Forse la Regina dovrebbe cominciare a preoccuparsi”.
Il Re non sembrò reagire alla provocazione ma si limitò a rispondere “Buongiorno dama Niravar. Confido che l’alloggio sia di vostro gradimento”.
Lei fece una smorfia svogliata “Dormo su comodi cuscini. Mangio ottimo cibo, bevo delizioso vino.” Così dicendo fece un grosso sbadiglio “Inizio a capire perché nessuno evade mai da questo posto”.
Questa volta il Re sorrise impercettibilmente. Un piccolo accenno dietro alla folta barba che tradiva i suoi reali pensieri. “Forse” disse infine “È arrivato il momento di ricambiare la Nostra generosità ordinando ai vostri uomini ritirarsi dal le terre del regno”.
Il nero occhio cominciò a brillare, come se quelle orbite in apparenza vuote nascondessero al loro interno una luce nascosta. “I miei uomini non obbedirebbero mai a tale ordine, perché non è quello che vogliono. È stato facile per me unirli e motivarli, poiché in cuor loro già sapevano che la nostra causa è giusta. Allo stesso modo sarebbe impossibile convincerli a desistere”.
Il Re si corrucciò “La vostra causa non è giusta” disse con voce rauca “Il nostro posto nel continente ci spetta, per somma volontà dei Grigoni. Noi li abbiamo liberati, e questo è il nostro giusto premio. Non avete rispetto neanche per le divinità?”.
Colei che chiamavano l’Aquila del deserto si mise a ridere. “I Grigoni hanno dato ai vostri antenati il permesso di vivere su questa terra, non di dominarla! Le vostre parole non potranno imbrogliarmi perché, a differenza del vostro popolo decerebrato, io conosco la storia e la dottrina.” Fece una pausa per poi riprendere immediatamente “E la mia riconoscenza per Grigoni supera di gran lunga la vostra.
Ogni giorno ringrazio il Deserto per il dono dell’acqua.
Ringrazio la Terra per i frutti ed il pane.
Ringrazio la Foresta per la carne della caccia.
Ringrazio il Fuoco per il piacere di non dormire da sola.
Ringrazio il Fulmine perchè protegga le mie navi.
Ringrazio la Palude perchè possa risvegliare gli amici.
Ringrazio le Ombre perchè mi celino ai nemici.
Ringrazio l’Arcano per il prodigio della magia.
Ringrazio l’Aria per la sensazione di sentirmi viva.”
Pronunciava quelle parole meccanicamente, un riflesso proveniente dall’infanzia. Per quanto molte comunità isolate avessero un rapporto privilegiato con un singolo Grigone, nelle grandi città genti di diversi credi si mischiavano assieme. Per questo motivo i monaci ed i sacerdoti avevano preso l’abitudine di pregare tutti e nove, in modo da poter raggiungere il maggior pubblico possibile. Quella cantilena era una variazione di quella avevo imparato da piccolo qui a Nuova Dragonia, e tradiva l’origine di chi avevo davanti. Aveva avuto una educazione profondamente religiosa, forse a Thorlund o ad Esperia.
Il Re la guardò in silenzio per qualche secondo poi estrasse dalla tasca una pietra rossa. Sembrava un rubino, ed emanava una luce insolita “Sembra che abbiate dimenticato qualcuno nelle vostre preghiere”. Questa volta era lui a sorridere maliziosamente “Quando vi abbiamo catturato avevate questa pietra legata al collo. L’ho fatta esaminare da quelli della grande scuola di stregoneria, e poi dal supremo sacerdote. Tutti concordano, è infusa del potere del Sangue”.
A quelle parole io sgranai gli occhi, mentre lei si limitò semplicemente a sorridere. “Beh, vi ha fatti andare via dalla vostra terra una volta, magari lo farà ancora”. Il culto del Sangue era profondamente proibito in tutto il continente, e punibile con la morte. Si rifaceva ad un Grigone corrotto che si era rivoltato contro i suoi nove pari ed aveva invaso le terre con creature demoniache. Quella era la ragione per cui i nostri antenati erano fuggiti dalle loro case ed approdati qui. Per generazioni, molti hanno vissuto nel silezioso terrore che un giorno, all’orizzonte, egli potesse tornare. Recentemente, le crescenti testimonianze di demoni avvistati lungo montagne ed in zone vulcaniche ha rafforzato questi timori.
Il Re divenne rosso in volto e cominciò ad urlare “Voi rischiate di rendere anche questa terra inabitabile! Non è meglio vivere sotto il nostro benevolo dominio, che sotto quello del Grigone del Sangue?” Mentre parlava stringeva con forza la gemma nel suo pugno.
Per la prima volta da quando fummo entrati nella stanza, la donna nota come l’Aquila del deserto si mosse dalla sua posizione sdraiata e si mise a sedere. “Oh, ogni potere può essere controllato se lo si usa con cautela. Il potere del sangue è una grande arma, permette ai miei uomini di creare ferite che non si rimarginano mai. Solo io so come spegnerlo, e finché non lo faccio il vostro esercito morirà anche sotto il più piccolo dei graffi.” Detto questo fissò il Re negli occhi. “Se mi giustiziate ora, non si spegnerà mai”
Il Re rimise la gemma in tasca. “Qui a Nuova Dragonia esistono le migliori menti del continente. Se voi avete saputo attivarlo, noi non tarderemo a capire come annullarlo!” Detto questo mi fece cenno di aprire la porta, e si voltò verso l’uscita senza salutarla. Giunto sulla soglia si fermò un istante e disse “Quando questo succederà, mi assicurerò personalmente che tutti gli abitanti del deserto, tutti i selvaggi della foresta, tutti i tagliagole rintanati sulle isole saranno eradicati dal continente. Neanche i bambini verranno graziati. E questo sarà stato solo colpa vostra”.
Chiusi la cella a doppia mandata e scortai il Re fuori dal grande carcere. La conversazione di cui ero stato testimone mi aveva profondamente scosso. Tornai allora alla mia postazione e, non visto, tirai fuori da un cassetto una fiaschetta di liquore che il sergente Devron teneva di scorta per le lunghe notti di guardia. Bevvi una lunga sorsata e mi calmai. Pensai che forse il Re aveva ragione, che quell’orrenda magia sarebbe stata presto disattivata, e che tutto sarebbe tornato presto alla normalità.
Non potevo ancora prevederlo, ma il giorno successivo Nuova Dragonia non sarebbe stata più la stessa.